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Cavalcare le rivoluzioni con la formazione

www.lalampadina.net, febbraio 2014

Lo scenario complessissimo che viviamo richiede apprendimento e cambiamento continui nella vita professionale della persona.  Il concetto di assunzione a tempo indeterminato si sta svuotando di senso e  coloro che oggi hanno fatto proprio questo concetto avranno vantaggi domani, perché si sapranno adattare più facilmente a scenari che nel frattempo saranno profondamente mutati.

Le giovani generazioni non dovranno più percepirsi come semplici “risorse” da sfruttare, ma come portatori di intelligenze, competenze e idee che vogliano collaborare con diverse organizzazioni, oppure sviluppare autonomamente un’idea di business. Si tratta di una rivoluzione solo agli inizi.

Quali possono essere i fattori che consentono di affrontarla adeguatamente?

1. innanzitutto ricucire il tessuto valoriale: rispetto per l’altro, correttezza, lealtà, fiducia, condivisione, facendo in modo che lo sviluppo dei comportamenti che ne conseguono venga  percepito, non solo come “giusto”, ma anche come“bello”.

2. lavorare sull’immaginazione del futuro, non come incognita da temere, ma come portatore di opportunità da intercettare: in questo modo diventa più facile che si generi energia collettiva, che è poi il vero motore del cambiamento. Paura, resistenza al cambiamento, lamentela, squalifica e rassegnazione sono grandi deterrenti individuali e collettivi.

3. considerare che sono le persone e le loro comunità che possono realizzare i progetti più ambiziosi, anche utilizzando al meglio le potenzialità della Rete all’interno delle community da esse stesse generate.  Fra luci e ombre, è indubbio che si sia scatenato un fenomeno di proporzioni gigantesche, forse superiore a quella che nel ‘400 fu l’invenzione della stampa: l’autodeterminazione della persona nella Rete.  Un’altra rivoluzione.

4. lavorare sui gap culturali e sul digital divide sempre più marcato tra “adulti analogici” e “nativi digitali”, che stanno contribuendo a un ripensamento delle abitudini di vita e del lavoro.  Quello della gestione delle differenti età nella società e in azienda è un tema sempre più sensibile. E per la prima volta, non solo si richiedono mentori per i giovani, ma emerge che le giovani generazioni sono in grado di “insegnare” a quelle più anziane (ad esempio, come “stare nella Rete”): altra rivoluzione.

5. misurarsi con lo scenario internazionale e non restare ripiegati sulla dimensione locale: può funzionare per qualche anno, ma poi la musica cambia necessariamente.

6. lavorare su una produzione di alta qualità e valore aggiunto: l’Italia non può competere sul prezzo, ne consegue che deve necessariamente puntare su livelli qualitativi molto elevati, e questo richiede di smantellare culture clientelari, non contare sempre sulla “famiglia”, mettere le persone giuste al posto giusto, profondere grande impegno e misurarsi costantemente con l’eccellenza.  E chiedersi sempre: perché il mercato dovrebbe scegliere proprio me? Se in troppi si fanno le stesse cose, dov’è la distintività?

7. imparare costantemente e mettere da parte ciò che non serve più. L’apprendimento continuo richiede continui atti di coraggio.   Il concetto secondo cui “si è sempre fatto così” oggi è pernicioso: il cambiamento corre a una velocità impressionante, richiede costante innovazione e comportamenti flessibili. E così facendo magari si scoprono talenti.

All’interno di questo passaggio emerge un grande paradosso: se da un lato il legame con l’azienda sarà sempre più labile, la persona sarà sempre più sola di fronte a rischi, responsabilità e progettazione del futuro, si troverà a cambiare lavoro più volte nella sua vita, dall’altra, come possono le organizzazioni decidere al suo posto quali sono i suoi bisogni di sviluppo?

E’ sempre più prevedibile che in futuro sarà soprattutto la persona a strutturare il proprio percorso di sviluppo professionale, al quale parteciperà di volta in volta un’organizzazione piuttosto che un’altra, e anche comunità di professionisti che sviluppano peer education, “formazione fra pari”, laddove i driver di mercato saranno la produzione di qualità e innovazione, il miglioramento continuo, e il fattore attrattivo per il lavoratore sarà la qualità del lavoro e della vita.

Tutto porta a immaginare che, come nelle botteghe del ‘400, saranno spesso gli allievi che sceglieranno i loro maestri (ancora un’altra rivoluzione), i quali saranno maieuticamente impegnati a “tirar fuori” la ricchezza e il potenziale che c’è in loro.

Queste sono le principali sfide che dobbiamo affrontare se vogliamo garantire dignità alla Persona e metterla al centro delle nostre aspettative e riflessioni. E il facilitatore di tutto questo è la formazione continua. Difficile pensarne uno altrettanto funzionale in un’epoca di rivoluzioni. E bisogna anche fare presto.

Quella della consapevolezza, del rispetto per sé e per gli altri, della condivisione, della competenza, della professionalità, dell’intraprendenza, della creatività è l’unica strada da percorrere se vogliamo essere, non facili prede di spregiudicati “acquirenti”, ma meritevoli padroni della nostra vita e del nostro Paese.

 

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