IL PENSIERO ORIENTATO ALLA FIDUCIA
agosto 2021
Da alcuni anni i miei studi e le mie riflessioni si stanno concentrando sul pensiero. Questo tema è da millenni oggetto di grandi testimonianze, a partire da antiche scritture originarie di varie aree del pianeta.
Nate a distanza di millenni l’una dall’altra, hanno in comune messaggi fondamentali per l’Umanità. Uno fra questi è che il pensiero è sorgente di vita e che l’Essere Umano manifesta ciò che contempla nella propria atmosfera mentale.
Nel corso della storia, un’enorme schiera di personaggi, pur con differenti prospettive, hanno fornito importanti riflessioni sulla centralità del pensiero. Grandi filosofi classici, come ad esempio Aristotele, Platone, Locke, Cartesio con il suo “Cogito Ergo Sum”, o quelli più recenti come Bergson, con la sua visione trascendente dell’Intuizione e dell’Intelligenza ci hanno regalato affascinanti esplorazioni nell’universo del pensiero. Così pure storici, antropologi, sociologi, biologi…
Il termine “densità di attenzione” viene utilizzato nelle Neuroscienze per definire la quantità di attenzione prestata a una particolare esperienza mentale in un momento specifico. Maggiore è la concentrazione su un’idea specifica, maggiore è la densità di attenzione.
Ad esempio, un cambiamento focalizzato su una nuova idea o possibilità verso cui desideriamo andare è sostenuto da un alto livello di densità di attenzione. In sostanza, dove focalizziamo la nostra attenzione si creano nuove connessioni mentali che ne rafforzano l’intensità.
Con una densità di attenzione significativa, i pensieri e i nuovi comportamenti possono diventare parte di chi siamo, condizionando – in senso positivo o negativo – il nostro modo di percepire il mondo, di interagire con esso, di passare all’azione, di generare coerenza, senso, utilità, successo.
L’attenzione agisce come una sorta di “filtro”, un fascio che incanala le risorse mentali verso una porzione della realtà. Quando viene usata intensivamente su una porzione ridotta diventa concentrazione ed è in grado di dirigere gran parte delle risorse mentali solo su quella parte, sulla realtà che stiamo osservando o sul compito che stiamo svolgendo. L’espressione gergale “entrare in fissa” su qualcosa si riferisce a questo.
Lo psicologo Michail Csikszentmihalyi (2016) lo definisce “Flow” o “Esperienza ottimale” e lo descrive come uno stato di coscienza particolare che sorge nel momento in cui la persona è totalmente immersa in un’attività.
Il Flow è connotato da totale coinvolgimento e focalizzazione sull’obiettivo, da alterazione della dimensione temporale, forte motivazione intrinseca, piacere, interesse ed elevata gratificazione nello svolgimento di un compito. In quel momento c’è assenza di ansia, godimento e massima focalizzazione su ciò che si sta facendo. La lettura di un libro estremamente avvincente può essere un esempio.
Ne deriva che, fintanto che si mantiene l’attenzione su un problema, esso si manifesta. In Psicologia esiste la locuzione “la profezia che si autoavvera”: una predizione che si manifesta per il solo fatto che l’abbiamo pensata, immaginata, ritenuta credibile e valida, e a quel punto l’abbiamo caricata di emozioni e sensazioni. Anche qui c’è un’espressione gergale: “te la sei tirata”, che rispecchia questo meccanismo.
C’è di più: pendendo in prestito una metafora informatica, possiamo dire che – se si interrompe veramente il flusso dell’attenzione – il “file” di quel pensiero viene chiuso nella nostra mente e il problema viene eliminato. Non solo, ma possiamo anche sostituirlo con un altro pensiero.
Inoltre, la mente è incapace di pensare, concepire e rappresentare a se stessa un’idea, un concetto, o meglio, non può presentarlo se non facendo sorgere in maniera latente il suo contrario. Ad esempio, non può sorgere un pensiero di autorealizzazione senza che sorga al tempo stesso il suo opposto: la frustrazione.
Il fatto di “scegliere” l’episodio o l’aspetto piacevole anche fra diverse opzioni è comunque frutto dell’attenzione. Volendo anche qui utilizzare un riferimento informatico, a fronte della nostra richiesta, la mente apre tutti i “file” – buoni e cattivi – e spetta a noi fare una sorta di “click” con l’attenzione sui file che vogliamo aprire. Ne abbiamo la straordinaria possibilità (Franco Remondina, dodicesima.com).
Ultimo ma non ultimo, esiste anche quello che lo psicologo Gustav Jung (1977) ha definito “inconscio collettivo”: una sorta di “contenitore psichico” che accomuna tutte le persone, a livello universale, nazionale, territoriale, di comunità.
Anche nelle aziende esiste un inconscio collettivo. In qualche modo è quello che nel nostro linguaggio quotidiano definiamo “il sentiment”, o “la pancia” delle persone, collegato al vissuto e alla cultura aziendale, che ha la capacità di influenzare azioni e comportamenti individuali, di gruppo e organizzativi.
Questa premessa è necessaria per non banalizzare il fenomeno descritto, magari confinandolo nell’angusto ambito del “pensiero positivo”, o nel concetto parziale secondo cui “volere è potere”, oppure appellandosi alla cosiddetta “legge dell’attrazione”, se non ad altre ancor più deboli teorie o correnti di pensiero.
E’ facile dedurne che il pensiero è una leva potentissima per orientare la propria vita, in grado di focalizzare obiettivi, alimentare la visione, passare all’azione, orientare i comportamenti e il linguaggio. Soprattutto, il pensiero è all’origine di quell’aspetto importantissimo che è l’autoconsapevolezza, premessa fondamentale per l’autostima.
Il controllo della propria atmosfera mentale, dei campi emotivi e del linguaggio ad essa correlati è il risultato di un “viaggio” affascinante che la persona può compiere e che consente di ottenere risultati straordinari. Tant’è che nelle sessioni di coaching stimolo i miei coachee (individui e gruppi) a utilizzare questo approccio con un mio modello, semplice ed efficace.
In questo momento le persone vivono emozioni e sentimenti prevalentemente orientati alla preoccupazione e la paura. Atmosfere mentali disfunzionali con un circolo vizioso che si autoalimenta e da cui è molto difficile uscire. Con la paura non c’è presente né futuro.
Ciò che serve è invece un orientamento alla fiducia. Un passaggio non facile, una scommessa coraggiosa che, seppur in apparenza scarsamente supportata dalla realtà che stiamo vivendo, può costituire la vera rivoluzione dell’individuo, dell’organizzazione e dei nuclei sociali.
Coltivare la fiducia non è compito semplice. O meglio, lo sarebbe se la paura e i meccanismi difensivi non rappresentassero quell’invisibile ostacolo presente in tanti aspetti della vita. Ma ora sappiamo che il pensiero è alla base di tutto e “spostarlo” dalla paura alla fiducia costituisce l’opportunità preziosa, un allenamento che vale davvero la pena di praticare.
Più ci si allena, più le ansie si depotenziano. La fiducia e il coraggio si rafforzano, migliorando l’atmosfera mentale e le emozioni. Aumentano la spinta ad agire, la lucidità, l’umiltà nell’apprendere e la curiosità, l’efficacia nell’azione. Si tratta di una condizione estremamente vantaggiosa.
Abbiamo grande bisogno di veri leader – relazionali prima ancora che tecnici – cioè di persone guida che sappiano creare stabilità e al tempo stesso abbiano l’audacia di scommettere su un futuro che sentono di poter co-creare, stimolando nelle persone l’attitudine a uscire da atteggiamenti difensivi e dall’area di comfort, a ragionare “out of the box”, a osare. Questo rappresenta quello che noi spesso chiamiamo “un cambiamento di mindset”. C’è bisogno di persone che sappiano superare il rumore di fondo e l’omologazione del pensiero, che sappiano ascoltare e creare armonia con gli altri, che abbiano idee e linguaggi originali, portatori di senso e significato.
Il percorso di coaching – che è essenzialmente un percorso di autosviluppo – è caratterizzato da focalizzazione e concretezza, agganciato a un piano di azione concreto. Il pensiero orientato consapevolmente alla fiducia consente agli individui e ai team di esprimere il meglio di sé scoprendo nuove possibilità e accedendo al proprio potenziale.
La fiducia è l’elemento facilitatore della crescita e del cambiamento, che si innescano veramente quando si coltivano l’autenticità e le relazioni costruttive fra le persone. Per me questo tema è fonte di grande interesse. Ritengo che il pensiero orientato alla fiducia e all'amore abbia in sé il senso della vera scoperta, possa liberare l'energia delle persone e sia l’elemento di svolta su cui progettare insieme il futuro. E' questa secondo me la vera strada da percorrere.
Per chi volesse approfondire, segnalo il mio capitolo “La scoperta di Sé” all’interno di una pubblicazione di cui sono coautrice: H.I.R.E. – Humanize Industrial Revolution Enhancing. Tendenze del Lavoro per il XXI Secolo, a cura di Renato Fontana (Federmanager), Franco Angeli, 2021.