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Un modo "Diverso" di vedere il tempo e l'esperienza: il FLOW

Il “Flow”, o “Esperienza ottimale” è uno stato di coscienza particolare che si genera nel momento in cui la persona è completamente immersa in un’attività. Si caratterizza per il totale coinvolgimento e focalizzazione sull’obiettivo, per l’alterazione della dimensione temporale, per una forte motivazione intrinseca, positività ed elevata gratificazione nello svolgimento del compito.

Il concetto di Flow fu introdotto dallo psicologo croato Mihály Csíkszentmihályi nel 1975, per poi diffondersi in vari campi di applicazione della psicologia.  

Per individuare le condizioni che caratterizzano i momenti descritti dalle persone come tra i momenti “migliori” della loro vita, Csíkszentmihályi ha intervistato un elevato numero di persone - fra cui scalatori, giocatori di scacchi, compositori musicali, intellettuali, che spendono molto tempo ed energie in attività per passione, curiosità e per il proprio benessere, senza cercare ricompense “tradizionali” come il denaro o il riconoscimento sociale.  

I risultati di questa ricerca gli ha permesso di definire il concetto di Esperienza ottimale, il Flow (1990), che si riferisce a uno stato personale di benessere e gratificazione e produzione di alta energia. Ma vediamo meglio di cosa si tratta.

Innanzitutto, il Flow può essere “sentito” dal soggetto nello svolgimento delle più disparate attività, in vari campi e in vari momenti della vita, come ad esempio la preparazione di un documento, l’individuazione di una soluzione per risolvere un problema, l’esecuzione di un progetto che costituisce un forte interesse personale, il coltivare un hobby...

Inoltre, la maggior parte delle volte questo tipo di fenomeno si verifica quando c’è un equilibrio tra autopercezione (un aspetto fondamentale) e domanda di competenze del compito che si svolge. 

A questo si aggiunga che i grandi momenti della vita si verificano quasi sempre quando il corpo o la mente vengono utilizzati ai loro limiti, in uno sforzo volontario per realizzare qualcosa di molto importante e difficile.

Da notare però che queste esperienze non si verificano solo quando le condizioni esterne sono favorevoli: ad esempio, i sopravvissuti nei campi di concentramento ricordano di aver vissuto esperienze interiori ricche e intense in risposta a semplici accadimenti come un canto di un uccello. 

Csikszentmihalyi ha identificato nove componenti del Flow, specificando anche che  per sperimentare l’esperienza ottimale non è necessaria la compresenza di tutte queste componenti:

  1. Equilibrio tra sfida e abilità personali: sapere che l’attività è fattibile e le proprie skill sono adeguate.  Assenza di ansia e noia.  Ci si confronta con un task che si ha la possibilità di completare.

  2. Concentrazione totale sul compito: un alto grado di concentrazione in un limitato campo di attenzione (la persona non ragiona sul passato e sul futuro ma solo sul presente).

  3. Obiettivi chiari: grande chiarezza interiore.  Sapere cosa necessita di essere fatto e quanto bene sta andando.  I compiti hanno obiettivi chiari.

  4. Retroazione diretta e inequivocabile: l’effetto dell’azione deve essere percepibile dal soggetto immediatamente e in modo chiaro.

  5. Senso di controllo: la percezione di avere tutto sotto controllo e di poter dominare la situazione.

  6. Assenza di distrazione: il soggetto è talmente coinvolto, assorto e concentrato nell’attività.  Ciò è frutto, sia di un’innata curiosità, sia di un forte allenamento.

  7. Assenza di preoccupazione: senso di serenità – nessuna preoccupazione circa se stesso, sensazione di crescere al di là dei confine del proprio ego e successivamente la sensazione di trascendere l’ego in modi prima non ritenuti possibile.  Paradossalmente, il senso di sé si trova rinforzato.

  8. Alterazione della percezione del tempo: il senso della durata del tempo è alterato.  Le ore passano in minuti, e i minuti si allungano fino a sembrare ore. 

  9. Esperienza autotelica e benessere:  senso di estasi – di essere fuori dalla realtà quotidiana.

 

Da quanto sopra si evince che lo stato di Flow non si raggiunge a fronte di una necessità di fuga dalla realtà o di rifugio in un’area di comfort, ma anzi, trae alimento da una condizione di sfida percepita come avvincente, sia pur ai limiti delle proprie possibilità, in termini di contenuti e  di tempo a disposizione.

Una persona in grado di affrontare la vita con entusiasmo, con elevato impegno e fervore in quello che fa rivela una personalità “autotelica” (Csíkszentmihályi, 2005): è un termine composto da due radici greche: auto e telos (obiettivo). Un’attività è autotelica quando viene intrapresa con nessun altro scopo che se stessa.

Csíkszentmihályi ha anche ipotizzato che le persone con taluni specifici tratti di personalità possono essere in grado di ottenere più spesso il Flow rispetto alla media. Questi tratti sono la curiosità, la persistenza, il basso egocentrismo e un elevato livello di esecuzione delle attività esclusivamente per ragioni intrinseche.

I risultati degli studi effettuati confermano nettamente che alcune persone sono più inclini rispetto ad altre a sperimentare il Flow.  Le persone con una personalità autotelica hanno una preferenza netta per azioni-sfide-opportunità ad alta capacità di stimolo alla propria crescita.  E’ anche in questo tipo di sfida che le persone hanno più probabilità di entrare nello stato di Flow.
Evidenze sperimentali dimostrano che anche un equilibrio tra le competenze della persona e le richieste del compito (rispetto ai due estremi opposti della noia e del sovraccarico) suscita esperienze di Flow.

 

Il Flow nel lavoro

Alle ricerche di Csíkszentmihályi e LeFevre (1989) sulle attività professionali se ne sono aggiunte altre, come quelle di Bakker (2005) sul “paradosso del lavoro”.  Bakker definisce  il "Flow sul luogo di lavoro come una successione di brevi periodi di esperienza ottimale caratterizzati da :

  • assorbimento;

  • compiacimento per il lavoro;

  • motivazione intrinseca nei luoghi di lavoro.

Per assorbimento si intende lo stato di concentrazione totale in cui le persone si trovano durante il loro lavoro: il tempo si ferma, dimenticano completamente tutto ciò che è intorno a loro, se non ciò che è in stretto e diretto rapporto con l’azione in corso.

Salanova, Bakker e Llorens (2006) hanno formulato due ipotesi:

1.  Risorse personali (ad esempio, le convinzioni di autoefficacia) e risorse organizzative (es.: il supporto sociale, il clima favorevole e gli obiettivi chiari) facilitano il Flow lavoro-correlato (assorbimento di lavoro, godimento del lavoro, motivazione intrinseca al lavoro).

2. Il Flow lavoro-correlato ha un influsso positivo sulle risorse personali e organizzative.

Secondo alcune ricerche condotte dall’American Psychological Association su persone coinvolte a vario titolo nel mondo del lavoro, anche se gli intervistati hanno dichiarato di essere più motivati ​​nelle attività dedicate al tempo libero, hanno constatato che la grande maggioranza delle loro esperienze di Flow si sono sviluppate durante il lavoro.

Csikszentmihalyi fornisce alcuni suggerimenti per un gruppo di lavoro, in modo che ogni singolo membro del gruppo possa sperimentare il Flow. Le caratteristiche sono:

  1. Disposizioni spaziali creative: sedie, pin wall, grafici e nessuna tabella, in modo che il lavoro venga svolto principalmente in piedi e in movimento;

  2. Design e gioco: grafici vari per evidenziare le informazioni, sintesi del progetto in essere, un certo grado di follia, un clima “sicuro” in cui tutti possono esprimere le proprie opinioni e idee;

  3. Evidenziazione dei risultati, argomenti aperti;

  4. Lavoro organizzato e parallelo;

  5. Focus group con precisi target;

  6. Avanzamento dell’esistente attraverso work in progress e prototipi;

  7. Visualizzazione per aumentare l’efficienza;

  8. Utilizzare le differenze e le diversità fra i membri del gruppo come un’opportunità piuttosto che come un ostacolo.

 

Riflessioni

Alla luce di quanto sopra descritto, fenomeni come il Flow e l’esperienza ottimale rappresentano un ulteriore stimolo a considerare il tempo del lavoro e della vita privata non soltanto in un’ottica oggettiva, meramente meccanicistico-numerica e di calcolo lineare, come l’approccio ingegneristico al lavoro ci ha indotto a fare in questi ultimi anni.

Si intravedono nuove prospettive per esaminare questo fondamentale fattore anche - e forse soprattutto - in un’ottica soggettiva attraverso dimensioni interne al soggetto, dove il saper trovare spazio intrapsichico, relazionale e sociale per concentrarsi meglio sulle attività del presente è un aspetto fondamentale.

Lo stimolo per la persona è quello di riflettere sulla consapevolezza di sé, sul suo grado di autoefficacia, motivazione e positività per comprendere come meglio realizzarsi nel lavoro e contribuire con risultati qualitativamente elevati alle sfide dell’organizzazione.

Lo stimolo per l’organizzazione è quello di cercare di individuare le condizioni, le leve e gli strumenti per far sì che le persone diano il meglio di sé, non solo in termini di “ottimizzazione”  intesa in senso tradizionale: parametri di efficienza, organizzazione del lavoro, strumenti da utilizzare, velocizzazione dei tempi di produzione, timing del delivery, oggi sempre più collegati a fattori come stress, alienazione, conflittualità, progressivo abbassamento dei livelli qualitativi dell’output.

Occorre ripensare anche – e forse soprattutto – la questione della “valorizzazione” del tempo, cioè quanto valore la persona può generare con il suo contributo al risultato finale e al successo complessivo dell’organizzazione.

 

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