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Rubrica L’alfabeto del Cambiamento

O

come Orientamento

L’orientamento lungo tutto il corso della vita è riconosciuto come il diritto permanente di ogni persona, così come sancito dalle politiche europee e nazionali secondo il documento “Europa 2020”.  Per questo è importante il massimo accesso all’apprendimento permanente, cioè imparare in qualunque fase della vita attraverso percorsi di studio e formazione flessibili.


A dire il vero, l’Unione Europea ne ha sempre evidenziato l’importanza strategica, emanando precise direttive in relazione alla formazione scolastica, universitaria e professionale, che ha la funzione di sviluppo e sostegno nei processi di scelta e di decisione per promuovere l’occupazione attiva, la crescita economica e l’inclusione sociale.


Eppure l’Italia si colloca al venticinquesimo posto nella graduatoria dei sistemi scolastici del mondo, scavalcata ampiamente dalle scuole dell’Europa del Nord e da quelle dell’Est Asiatico.
I parametri di valutazione sono basati sulla considerazione del ruolo dell’insegnante, sull’attenzione alla formazione di base e a quella continua, sull’interesse per le materie “tradizionali” e su quelle più “attuali”, ad esempio il digitale, il problem solving e il team working.  C’è anche il parametro della comunità, che si riferisce a quanto genitori, insegnanti e alunni collaborano insieme.  Facile intuire le “aree carenti” del nostro sistema, a livello sociale e politico.


Per ciò che riguarda il sistema universitario, dove esistono da diversi anni centri e sportelli di orientamento a disposizione degli studenti, Danimarca, Nuova Zelanda, Finlandia e Svezia sono ai primi posti e l’Italia agli ultimi, seguita dalla Grecia e dalla Bulgaria.
Proseguendo, nei master post universitari c’è un grande impegno ad attuare progetti di placement nelle aziende attraverso tirocini e stage, ma è evidente come l’indice di piazzamento sia direttamente proporzionale alla qualità degli studenti, fattore correlato alla qualità dei master: gli studenti più brillanti, si sa, cercano i master migliori, e se non li trovano in Italia, vanno a cercarli all’estero. Qui il circolo diventa vizioso.


E si arriva al mondo del lavoro.  Le aziende – particolarmente le grandi e le medie -  fanno un grande ricorso a strumenti di orientamento e sostegno, di supporto al cambiamento e allo sviluppo della carriera. Formazione manageriale, coaching, mentoring, tutoring  e bilancio delle competenze sono le principali leve, che sono sempre più utilizzate.  


Il perché è noto: senza citare slogan e luoghi comuni, si assiste a un’accelerazione dei cambiamenti e di conseguenza di turnover, job rotation, mobilità per inserire le persone - in particolare i talenti - nei ruoli chiave.  Bisogna prepararli rapidamente, in modo che altrettanto rapidamente possano essere “pronti” per nuove sfide e nuove responsabilità.


Per allenare le persone ai cambiamenti, molte aziende fanno ricorso alla formazione (tecnica e manageriale) e al coaching realizzando di media un monte di circa 20 ore l’anno per ciascun dipendente. E’ un trend inarrestabile, perché non ci si può fermare.
Il gap tra le carenze della Scuola e gli incalzanti cambiamenti delle aziende appare enorme, anche perché adeguare i sistemi di orientamento e formazione nelle organizzazioni alle richieste del mercato è abbastanza semplice: si deve fare e basta, pena la perdita di competitività.  Dopo decenni di mancata evoluzione, adeguare il sistema scolastico alle richieste di una società che si sta trasformando radicalmente è invece un’impresa titanica. Non sono pochi coloro che pensano perfino che tutto questo sia il risultato di una strategia di lungo periodo volta a minare l’ossatura del nostro sistema Paese.


Non è questa la sede nella quale dibattere su cosa il sistema scolastico e universitario dovrebbero fare per adeguarsi, anche perché su questo tema sono stati scritti fiumi di letteratura.


Fatto è che l’Italia si dibatte ancora sulla “annosa questione del divario Nord-Sud” nell’istruzione scolastica e universitaria, su come svecchiare una scuola basata su un modello Giolittiano che oggi ha poco senso, sul rapporto conflittuale genitori-professori, sulle scuole fatiscenti, su un’università dove, a parte qualche eccezione, si replicano modelli didattici basati su teorie scollegate dalla realtà, che vengono replicate persino nei master, dove gli studenti chiedono invece a gran voce “altro”, cioè molto semplicemente una finestra “concreta” sul mondo del lavoro.


E intanto (per non prendere ad esempio la Cina, la Danimarca, la Svezia o la California, autentiche eccellenze), l’accademia scientifica più selettiva del mondo è l’Indian Institute of Science (IIS) di Bangalore, dove la selezione dei talenti raggiunge livelli altissimi a livello mondiale.  Per ogni dottorato di ricerca dell’IIS gareggiano migliaia di superlaureati usciti dai cinque grandi politecnici indiani, l’élite dei giovani più ambiti dalle facoltà scientifiche statunitensi.  Tra loro, Bangalore ne seleziona secondo criteri meritocratici solo 300, che devono superare una settimana di “interrogatori” davanti a tutti i docenti.  Alla fine della selezione, gli eletti saranno solo 5.
L’India ha effettuato da diversi anni, insieme con gli Stati Uniti, dei grandi investimenti in Africa. L’obiettivo è quello di promuovere l’insegnamento a distanza, le digital communities, la telemedicina e la creazione di istituzioni universitarie pan-africane, specialmente nel campo delle scienze, delle nuove tecnologie. Vengono promossi investimenti nella ricerca sul settore delle energie rinnovabili e sullo sviluppo agricolo.  La selezione dei talenti è spietata, i progetti di orientamento e supporto a questi giovani sono accurati e di medio-lungo periodo, perché vengono considerati un grande investimento per il futuro.


A questo si aggiunge che in diverse regioni indiane – anche nelle zone rurali - esistono da molti anni centri pubblici di disseminazione digitale ed erogazione di servizi di qualità in tutto lo Stato.  Sono dislocati entro 2 chilometri l’uno dall’altro, per favorire al massimo il raggiungimento da parte di studenti, anziani, manager e imprenditori, madri di famiglia con i propri bambini: nel paese delle caste, oggi il messaggio che passa nelle famiglie più semplici è: “studia molto, così potrai lavorare e distinguerti nella società”: lo studio è considerato l’opportunità più pregiata.


In questo complesso ecosistema nel quale viviamo, il progetto di sviluppo dei talenti e il sistema di orientamento devono partire dai bambini, perché possano avere da subito gli stimoli giusti, perché non vengano lasciati soli, perché possano sentirsi parte di una grande comunità internazionale. Perché abbiano il senso dell’altro, il senso del dare e del contribuire.  Perché sappiano collaborare, sappiano eccellere rispettando gli altri. Senza andare troppo lontano, con Maria Montessori e Rudolph Steiner noi i modelli li abbiamo avuti e li abbiamo ancora. 


Siamo all’interno di una grande rivoluzione digitale, che – un po' come fu la rivoluzione industriale -  implica un nuovo modo di relazionarsi con il contesto, un modo di lavorare agile, smart e social che ribalta alcuni paradigmi del lavoro e proietta l’individuo in realtà molto allargate, “aumentate”. Per questo occorre tenere la barra dritta, una forte consapevolezza personale e sociale, un aggiornamento costante.


Bambini felici e “preparati” diventano giovani preparati, che hanno diritto a progetti di orientamento e supporto in tutto il corso della vita e nel loro percorso professionale, proprio come indica l’Unione Europea: è un diritto permanente di ogni persona.  Si tratta di strumenti vitali per costruire il loro e il nostro futuro, e di conseguenza mantenere l’aspettativa di una società migliore.

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