Rubrica L’alfabeto del Cambiamento
I tempi che stiamo vivendo sono sempre più complessi. Convivono realtà contrastanti, come ad esempio la globalizzazione e il locale, il culto dell’artigianato Made in Italy e la necessità di standardizzare all’estero la produzione, la tendenza alla disruption e il bisogno di valorizzare gli asset identitari, l’analogico e il digitale. Crescono le startup e la necessità di fare rete, convivono l’individualità e l’interdipendenza, la robotizzazione e l’attenzione alla persona. Le aziende licenziano ma sono alla ricerca di talenti, aumenta la competizione e al tempo stesso la necessità di collaborare. Il tempo è diventato esponenziale e previsioni sul futuro è sempre più difficile farne.
Quanto basta per porsi una serie di interrogativi e cercare di leggere gli eventi.
Questo articolo vuole essere l’inizio di una serie di riflessioni e condivisioni sulle tematiche del cambiamento, delle competenze, del management e dello sviluppo. Abbiamo voluto prendere spunto dalle lettere dell’alfabeto. Cominciamo quindi dalla A: non tanto per rispettare l’ordine, quanto perché la A si rivela importante per tutte le tematiche che riguardano la persona, centro e motore di ogni autentico cambiamento.
A
Autoconsapevolezza, autoefficacia, autodeterminazione, autosviluppo
Oggi la persona è estremamente sollecitata: la turbolenza del contesto genera incertezza, che a sua volta genera ansia, l’ansia genera comportamenti difensivi nelle persone, i quali si manifestano in molti modi: tanto per fare un esempio, con la resistenza al cambiamento. Oggi, molto più che in passato, il mondo del lavoro espone i soggetti a crescenti fatiche personali. Sono scenari che richiedono persone salde, consapevoli, sicure di sé e della propria efficacia, e che vogliano scommettere sul futuro, anticipandolo.
Le convinzioni che le persone nutrono sulle proprie capacità hanno un profondo effetto su queste ultime. Chi è dotato di forte autoconsapevolezza ha autoaccettazione e lucidità nell’autovalutazione. Chi è dotato di autoefficacia riesce comunque a gestire situazioni e accadimenti senza preoccuparsi di ciò che potrebbe eventualmente andare storto. Le persone con un alto senso di efficacia personale mostrano infatti maggiori risorse cognitive, maggiore determinazione e flessibilità strategica nel gestire l’ambiente, si pongono obiettivi sfidanti e anticipano scenari futuri positivi che possono orientare le loro azioni al successo.
Di fronte alle difficoltà e agli ostacoli perseverano nello sforzo, vivendole come occasioni per mettersi alla prova e attribuiscono le cause di eventuali fallimenti innanzitutto a fattori interni e solo successivamente a strategie inadeguate o a circostanze sfavorevoli. La percezione di un alto livello di efficacia personale genera nelle persone anche una capacità di auto-controllo individuale.
Si tratta quindi di una grande competenza: quel set fondamentale che riguarda l’area del Sé, ed è collegato all’equilibrio, alla fiducia in sé, alla stabilità emotiva, alla resistenza allo stress e alle frustrazioni, alla motivazione intrinseca, alla visione di sé e del mondo.
Non a caso, all’interno delle aziende le tematiche relative all’autoconsapevolezza, l’autoefficacia e l’autosviluppo sono all’attenzione delle Funzioni Risorse Umane da diversi anni, nell’assunto che persone consapevoli delle proprie caratteristiche, dei propri punti di forza e aree di miglioramento, delle proprie potenzialità fanno la differenza.
Ma mentre fino a ieri la partita in questo senso si è giocata prevalentemente su tematiche di sviluppo, ora le aziende hanno maggiore necessità di fare screening: ecco che aumenta l’esigenza di sviluppare progetti di assessment: primo, chi abbiamo “dentro casa”, secondo, come possiamo “utilizzare”, prima ancora che valorizzare, le risorse strategiche in relazione ai cambiamenti che dobbiamo affrontare, ecc.
Il paradosso vuole però che le necessità di strutturare interventi di assessment vadano di pari passo con una discontinuità tale da vanificare i risultati dell’assessment stesso nel medio periodo: quel ruolo e quella persona erano strategici fino a ieri, domani forse non più. Accade così che le organizzazioni non rappresentano più per le persone un elemento di riparo, di protezione e di solidarietà ma, anzi, espongono le persone a progressive ansie e rischi.
L’impresa interviene mettendo a disposizione leve e strumenti dedicati. All’interno, con strategie di talent retention, progetti di engagement, percorsi di autosviluppo con tool autodiagnostici, che sono oggetto dei percorsi di formazione manageriale e di coaching; all’esterno, con strategie di employer branding e di talent attraction. I talenti e/o il resto della popolazione: a volte è un dilemma.
Intanto il patto tra la persona e il lavoro scricchiola, ed ecco che l’individuo, con sempre maggiore grado di autodeterminazione, provvede in modo sempre più autonomo ai propri percorsi di sviluppo. La rete e le molte possibilità offerte da seminari e webinar, conferenze, community, sistemi di peer education accentua questo fenomeno. Il coaching stesso è in crescita anche fuori dall’azienda, a dimostrazione che le persone si stanno facendo sempre più carico del proprio progetto di “crescita”.
Sia dentro che fuori dall’azienda, si tratta di un percorso che investe le credenze della persona, i suoi valori, la sua identità personale e professionale, gli obiettivi, i progetti, le opzioni, le potenzialità. Se funziona come rinforzo, è utile un bilancio sui percorsi e i progetti finora realizzati. Ma molto più utile è la visione del futuro e di sé in prospettiva, che rappresenta l’elemento trainante anche quando le cose non andranno nel verso giusto. Deve essere realistica ma al tempo stesso sfidante, come sa esserlo un sogno. Poi arrivano i passi sul come realizzarla, tenuto conto dei vincoli e delle opportunità a disposizione. E’ un percorso alla portata di tutti, purché dotati di consapevolezza personale, senso di efficacia e autodeterminazione. Anche quando questo non è scontato, ci si può lavorare, perché il desiderio di autorealizzazione, per quanto sopito, è sempre pronto a manifestarsi.